mercoledì 21 dicembre 2016

L'ultima riga delle favole - Massimo Gramellini

C’era una volta - e c’è ancora - un’anima curiosa che cagava per gli spazi infiniti senza  un amore dentro il quale tuffarsi. Stava andando alla deriva dentro un mare di noia quando sentì pulsare qualcosa. Una luce, fatta di musica. E rimase inebetita da tanta bellezza. Disse solo una parola e si tuffò dentro si te.
Allora vi siete dimenticati di tutto e avete incominciato a vivere. Tu e la tua anima.
Per sempre felici e contenti, prometteva l’ultima riga delle favole. Invece siete finiti in una gabbia, e le sue sbarre le ha costruite il dolore. Non riuscite più a stare insieme e neppure a staccarvi. Vi trascinate senza meta sotto il peso dell’infelicità e nei vostri pensieri il futuro assomiglia a un deserto dove la nostalgia prevale sul sogno e il rimpianto sulla speranza.
Lettrice o lettore, non ti crucciare. Prima o poi - e più prima che poi – sentirai in sogno una voce di flauto-
«Lei è la tua anima, mica un accidente. Se non te innamori, non amerai mai niente».



All’improvviso la fiamma di un faro lontano riversò nel loculo una luce tiepida. Tomas si accorse che tutte le pareti erano di vetro e che lo sgabuzzino era completamente circonda dall’acqua.
Fu trafitto da una voce metallica.
«Tu vivi chiuso in una scatola trasparente, costruita dalle tue paure. Rompila e scoprirai di essere molto più di ciò che credi.»
Alzò gli occhi al soffitto e vide una sirena dai fianchi flessuosi che gli sgranava addosso i denti cariati da strega.
«Mai fidarsi delle apparenze, Tomas. Il mondo che si trova al di là del vetro potrebbe arrivarti deformato, Le pareti della scatola le ha partorite la tua mente e il loro nome comincia sempre per NON. NON posso. NON ce la farò mai. NON dipende da me, la più estesa di tutte. Ma, se guardi in alto, troverai la quarta, che sia chiama NON ci credere.»
«Voglio uscire di qui!»
«Allora fallo. Le pareti del NON sembrano infrangibili eppure basta che tu decida di oltrepassarle perché si sbriciolino. Non hai altri limiti di quelli che ti sei posto da solo.»
Tomas si volse verso la vetrata dei NON posso e incrociò lo sguardo poco rassicurante di una murena.
«È il proiettore della tua immaginazione che l’ha prodotta. Puntalo verso di te e scomparirà», disse la bocca ariata.


«Smetti di tormentarti con le tue allucinazioni».


«La libertà può far male a chi esce troppo in fretta dalla scatola. Per diventare libero fuori, dovrai prima imparare ad esserlo dentro».


«Mi dispiace sono la persona meno adatta a consolare chi ha paura di morire». «Io non ho paura di morire», aveva risposto la signora, «ho voglia di vivere con te».


«La rovina non sta nell’errore che commetti, ma nella scusa con cui cerchi di nasconderlo».


«Se vuoi fare un passo in avanti, devi perdere l’equilibrio per un attimo».


«Non esiste una gomma per cancellare i ricordi. Però esiste qualcosa che può ripulirli da tutto il dolore che contengono».
Noah era tornato e gli stava allungando un cubetto biancastro.
«E questo cosa sarebbe?» chiese Tomas, tenendolo sul palmo della mano.
«Il sapone del perdono».


«Chi vede nell’altro un nemico contempla l’immagine deformata di se stesso», sentenziò una voce bene nota.


«… sei diventato furbo e infelice… per farti accettare dagli altri… hai dovuto amputarti come loro… staccando il filo che collega il cervello alla camera del cuore»


«Sii grato a tuo padre: ti ha insegnato l’amore» insistette Morena.
«Mi ha insegnato ad averne paura. L’more è una bestia che ti mangia il cuore e scompare. O come nel suo caso, si attacca ala gola e ti spolpa».


«Non so se qualcuno ti abbia mai lasciato», proseguì Tomas. «Se hai conosciuto anche tu questo strappo improvviso al centro dello stomaco. Quando il distacco diventa ossessione e si mescola alla paura che non troverai più niente di simile a ciò che hai appena perduto».


«Una luce troppo forte acceca chi sta nell’oscurità. Uno alla volta vanno tolti i veli, con infinita pietà. Solo chi è passato oltre il dolore potrà conoscere il volto vero dell’amore».
Tomas osservò il Cantastorie in silenzio. Immaginò di abitare il suo corpo e di pensare i suoi pensieri. Quella voce di donna e di uomo, insieme. Quelle fattezze di uomo e di donna, insieme.
«Se tutti i personaggi delle favole abitano dentro la stessa persona, allora anche tutto l’amore…»
Il Cantastorie sorrise.
«Tu sei… l’amore!» urlò Tomas.
«Androgino è il mio nome. Coui che ha realizzato dentro di sé l’amore, mettendo insieme il maschio con la femmina ed entrambi col suo cuore. Io sono il sole e la luna, il pane e il vino. La luce e la tenebra, l’opaco e il cristallino. Il mare e le stelle, il suddito e il re. L’Uno che voi cercato in Due, io lo creo in me.»
«Chi ti ha dato questo potere?»
«Non è un potere, è una possibilità. Chiunque evolvere potrà.»


«Ti innamori della persona sbagliata perché ti conferma nell’idea negativa che hai di te. L’amore disperato sembra sempre più passionale. Ma la persona giusta è soltanto quella che combacia con le tue energie interiori».

Nessun commento:

Posta un commento