I ricordi sono come i lupi. Non puoi rinchiuderli e sperare che ti lascino in pace.
[..] «Kästner è stato uno dei motivi per cui ho chiamato la mia libreria galleggiante ’Farmacia letteraria’», spiegò Perdu. «Volevo dedicarmi a quegli stati dell’animo che non hanno lo status di malattia e che i dottori non degnano di attenzione. Tutte queste timide emozioni, i moti interiori, a cui nessun terapeuta si interessa perché probabilmente troppo piccoli e incomprensibili. Ciò che proviamo quando l’estate finisce di nuovo. O quando capiamo di non avere più tutta la vita davanti per poter trovare il nostro posto nel mondo. O anche i sottili dispiaceri per quando un’amicizia rimane in superficie e bisogna continuare la ricerca di un confidente. La malinconia che ci coglie la mattina del compleanno. La nostalgia dell’aria che respiriamo nell’infanzia. E cose del genere».
Si ricordò di quel dolore che sua mamma gli aveva confidato e al quale non c’era rimedio: «Ci sono donne che guardano solo le scarpe degli altri e mai la faccia. E poi ci sono quelle che guardano sempre le facce e solo di rado le scarpe». Lei preferiva le seconde, e si sentiva mortificata e si sentiva mortificata e mal vista dalle prime.
[..] Tenendo lo sguardo sull’acqua disse: «Secondo Sanary, bisogna andare verso sud via acqua per arrivare ai sogni e alle risposte. Possiamo ritrovare noi stessi solo dopo aver smarrito completamente la strada. Per amore. Per nostalgia. Per paura. Al sud, ascoltando il mare, si capisce che il pianto e il riso hanno lo stesso suono e a volte l’anima deve piangere per essere felice.»
Nel suo petto si risvegliò un uccello che, cauto, sbalordito di essere ancora vivo, spiegò le ali. Voleva uscire, aprirgli il torace, strappargli il cuore e andare verso il cielo.
«Arrivo» mormorò Jean Perdu. «Arrivo Manon.»
[..] Anke e Corinna guardarono con affetto l’amica e Corinna chiese: «Era questa la risposta alla mia domanda di ieri? Perché non l’hai lasciato prima se non era il tuo grande amore?»
Il piccolo amore. Il grande amore. Davvero terribile che ne esistano di diversi formati, vero?
Mentre Jean guardava Ida che non rimpiangeva la sua vita, non la rimpiangeva affatto, non ne fu più sicuro.
«E… lui come vedeva il vostro tempo?» chiese.
«Per lui il piccolo amore dopo venticinque anni era troppo poco. Ora ha trovato il suo grande amore. Lei ha diciassette anni meno di me ed è così elastica che può mettersi lo smalto sui piedi con il pennellino (o forse pennellone) i bocca».
«L’amore è un appartamento. Tutto in un appartamento dovrebbe essere utilizzato e non ricoperto o protetto. Vive solo chi vive appieno anche l’amore e non ha timore di alcuna stanza o porta. Litigare e toccarsi con dolcezza sono aspetti ugualmente importanti; tenersi stretti e anche allontanarsi. È essenziale che venga utilizzata ogni stanza d’amore, altrimenti i pensieri e gli odori diventano indipendenti. Stanze e case trascurate possono diventare insidiose e puzzolenti…».
E se l’amore ce l’avesse con me perché mi sono rifiutato di aprire la porta di quella camera per farci… cosa? Cosa dovrei fare? Costruire un altare a Manon? Dire addio? Cosa dovrei fare?
[..] Nei sogni della nostra vita siamo immortali. E i morti continuano a vivere nei nostri sogni. I sogni sono le porte girevoli fra tutti i mondi, fra il tempo e lo spazio.
[..] Con le verità andiamo sempre dritti e chiari al punto. Da ragazzina ho imparato che le relazioni migliori sono quelle «chiare come l’acqua». Quando le cose difficili vengono dette ad alta voce perdono il loro potenziale nocivo.
[..] Devo stare con Jean perché lui è la mia parte maschile. Ci guardiamo e vediamo la stessa persona.
Luc è l’uomo con cui guardo verso la stessa direzione, uno accanto all’altra.
[..] Sottomettiti, se ci riesci, ma non osare umiliarmi, chiedeva la sua bocca.
E guai se hai paura di farmi male. Sono delicata, ma sento la delicatezza solo nella passione violenta. E mi posso ribellare!
Manon aveva schiacciato quella rigidità come una noce tra le sue mani, le sue mani nude, le sue dita nude, le sue gambe nude…
Mi ha liberato da tutto ciò che è nemico dell’uomo. Dal silenzio e dalle inibizioni. Dall’obbligo di dover fare sempre la cosa giusta.
Era sempre così, come se ci fosse un tappo di abitudine, tempo e paura sedimentati, che gli vietava di interrompere il suo personale corteo funebre. Sentiva di essere abitato da lacrime di pietra che impedivano ad un altro di trovare posto dentro di lui.
[..] L’abitudine è una dea pericolosa e vanesia. Non permette a nulla distruggere il suo regno. Sopprime il bisogno del nuovo, il bisogno di viaggiare, di un altro lavoro, di un nuovo amore. Impedisce di vivere come vogliamo. Perché per abitudine non riflettiamo più se vogliamo davvero ciò che vogliamo.
[..] Zelda accarezzo la guancia irsuta di Perdu. «La conosci bene la morte, eh?». Sorrise triste. «Lui, il cancro, si chiama Lupo, come il personaggio dei fumetti. Elaia l’ha soprannominato così quando aveva nove anni. Le piace pensare che vivano entrambi in quel corpo come in una casa e che se lo dividano come coinquilini. Lei rispetta il fatto che lui a volte desideri più attenzioni. Da piccola diceva che riusciva a dormire meglio, se non pensava che la volesse distruggere. Chi distruggerebbe la casa in cui abita?»
Joaquin Perdu era rimasto in silenzio insolitamente a lungo. Poi Jean lo aveva sentito sospirare. «Ah Jeanno… avere un bambino è come rinunciare alla propria infanzia per sempre. È come se finalmente capissi che cosa significa davvero essere uomo. Hai anche paura che tutte le tue debolezze vengano a galla, perché essere padre vuol dire essere più di quello che puoi fare… Ho sempre sentito il bisogno di guadagnarmi il tuo amore. Perché ti volevo molto bene, molto.»
[..] Perdu annuì. «L’unica cosa sbagliata è che molte done pensano davvero che il loro corpo debba essere perfetto per essere amate. Invece deve essere solo in grado di amare e lasciarsi amare».
[..] Jean Perdu pensò alla poesia di Hesse, Gradini. La maggior parte delle persone conosceva il verso «Ogni inizio contiene una magia…» ma come continuava, «… che ci protegge e a vivere ci aiuta», lo sapevano solo pochi e quasi nessuno capiva che Hesse non parlava di nuovi inizi.
Ma di essere pronti a dire addio.
Addio alle abitudini.
Addio alle illusioni.
Addio a una vita finita da tempo e in cui si è stati solo un involucro animato di tanto in tanto da un sospiro.
[..] Proprio così: bisogna cantare. Piangere di felicità. Ho ricominciato a cantare sotto la doccia mentre saltello colpito da getti d’acqua. A volte però mi sento stretto dentro di me. Come se vivessi in un cesto invisibile che mi rinchiude e tiene lontano dagli altri. In quei momenti anche la mia voce sembra inutile.
Samy mi ha regalato l’ultima delle sue perle di saggezza. La mi piccola grande amica. Stranamente non ha tuonato, di solito le piace molto, mi ha abbracciato mentre ero seduto a guardare il mare e a contare i colori. Poi ha sussurrato pianissimo: «Lo sai che fra la fine e il nuovo inizio c’è un mondo di mezzo? È il tempo ferito, Jean Perdu. È una palude dove si raccolgono sogni, paure e intenzioni perdute. I passi in questo tempo si fanno più pesanti. Non sottovalutare questa situazione di passaggio fra la fine e il uovo inzio, Jeanno. Datti tempo. A volte le soglie sono così grandi che non si possono superare con un solo passo».
[..] «Sei ancora troppo piccola per questo, te lo spiego quando sei più grande». Personalmente penso che non ci siano domande troppo grandi, basterebbe solo adattare le risposte.
Il dolore arrivava spesso quando dormiva e poi gli si appendeva addosso. Proprio quando era rilassato, pronto per lasciarsi andare alla deriva, quello tornava. Se ne stava lì sdraiato nel buio e piangeva lacrime amare, il mondo in quei momenti era piccolo come la stanza, solo e spoglio. In quelle occasioni temeva di non poter tornare mai più a sorridere e che una sofferenza del genere non sarebbe mai finita.
Ma quale libro mi può liberare?
Quando trovò la risposta gli scappò quasi da ridere. «I libri possono fare molto ma non tutto. Le cose importanti bisogna viverle e non leggerle. Io devo ancora… vivere il mio libro».
MM gli sorrise con la sua grossa bocca larga.
«È un peccato che il suo cuore non veda donne come me».
«Ma non vede nemmeno le altre, Madame».
«Sì, questo mi consola», disse lei. «Un pochino».
[..] Aveva toccato il fondo delle sue sofferenze fatte di disperazione e di rabbia. Aveva scavato, scavato e scavato via tutto. E d’un tratto c’era spazio vuoto.
Si precipitò in casa. Vicino alla credenza teneva sempre carta e penna. Ora scrisse impaziente:
Catherine,
non so se riusciremo a non ferirci a vicenda. Probabilmente no, perché siamo esseri umani.
Ma quello che so in questo momento, tanto atteso, è che una vita con te mi farebbe riposare meglio. E svegliare meglio. E amare meglio.
Voglio cucinare per te quando sarai di cattivo umore per la fame, per tutti i tipi di fame: di vita, di amore, di luce, mare, viaggi, letture, sonno.
Ti spalmerò la crema sulle mani se hai dovuto toccare troppe pietre ruvide: in sogno ti vedo come una salva-pietre in grado di vedere l’amore che scorre sotto gli strati di sassi.
Ti seguirò con lo sguardo mentre percorri una strada insicura e poi ti giri ad aspettarmi.
Voglio tutte le cose piccole e grandi: voglio litigare con te e poi riderci sopra insieme, nelle giornate fredde voglio mangiare la cioccolata nella tua tazza preferita e voglio aprirti la portiera dell’auto dopo una festa con gli amici simpatici e ospitali.
Voglio sentire le tue cosce morbide che premono sopra la mia pancia calda.
Voglio fare tante piccole e grandi cose con te, con noi, tu, io, noi insieme, te in me e io in te. Catherine, ti prego: vieni! Vieni presto!
Vieni da me!
L’amore è meglio del suo richiamo.
Jean
P.S.: Dico sul serio!
[..] Al bar poteva stare in mezzo alla vita senza dare nell’occhio, non parlando o non partecipando.
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