Le parole per i vecchi e per i bambini non servono a spiegare, giustificarsi, giudicare, a sono come nodi su un filo, servono ad assicurare che i mondo è rimasto in ordine; Cu’ nun fa lu gruppu a la gugliata, perdi lu cuntu cchiù di na vota. Così diceva la nonna, ma nessuno capiva che affermava una verità semplice come le sue ricette: chi non fa i nodi perde il filo. Anche nella vita.
Aprì l’armadio e le sembrò un deserto di legno. Per metà era vuoto, il vuoto tristemente desolante delle cose che siamo abituati ad amare solo piene: le piscine, le buste, le culle.
Non cercare ora risposte che non possono venirti da te perché non le potresti vivere. E di questo si tratta: di vivere tutto. Vivi ora le domande. Forse ti avvicinerai così, a poco a poco, senza avvertirlo, a vivere un giorno lontano, la risposta.
«In realtà quando un predatore entra nella sua conchiglia nel tentativo di divorare il contenuto e non ci riesce, lascia dentro una parte di sé che ferisce e irrita la carne del mollusco, e l’ostrica si richiude e deve fare i conti con quel nemico, con l’estraneo. Allora il mollusco comincia a rilasciare attorno all’intruso stravidi se stesso, come fossero lacrime: la madreperla. A cerchi concentrici costruisce in un periodi di quattro o cinque anni un perla dalle caratteristiche uniche e irripetibili. Ciò che all’inizio serviva a liberare e difendere la conchiglia da quel che la irritava e distruggeva diventa ornamento, gioiello prezioso e inimitabile. Così la bellezza: nasconde delle storie, spesso dolorose. Ma solo le storie rendono le cose interessate…»
Il guaio delle parole è che sono solo parole, le puoi far nascere anche quando sono morte.
Per la prima volta in vita sua ebbe paura: ciò che voleva forse senza nemmeno saperlo, gli era apparso nella cosa più fragile che avesse mai visto.
Aprì l’armadio e le sembrò un deserto di legno. Per metà era vuoto, il vuoto tristemente desolante delle cose che siamo abituati ad amare solo piene: le piscine, le buste, le culle.
Non cercare ora risposte che non possono venirti da te perché non le potresti vivere. E di questo si tratta: di vivere tutto. Vivi ora le domande. Forse ti avvicinerai così, a poco a poco, senza avvertirlo, a vivere un giorno lontano, la risposta.
«In realtà quando un predatore entra nella sua conchiglia nel tentativo di divorare il contenuto e non ci riesce, lascia dentro una parte di sé che ferisce e irrita la carne del mollusco, e l’ostrica si richiude e deve fare i conti con quel nemico, con l’estraneo. Allora il mollusco comincia a rilasciare attorno all’intruso stravidi se stesso, come fossero lacrime: la madreperla. A cerchi concentrici costruisce in un periodi di quattro o cinque anni un perla dalle caratteristiche uniche e irripetibili. Ciò che all’inizio serviva a liberare e difendere la conchiglia da quel che la irritava e distruggeva diventa ornamento, gioiello prezioso e inimitabile. Così la bellezza: nasconde delle storie, spesso dolorose. Ma solo le storie rendono le cose interessate…»
Il guaio delle parole è che sono solo parole, le puoi far nascere anche quando sono morte.
Per la prima volta in vita sua ebbe paura: ciò che voleva forse senza nemmeno saperlo, gli era apparso nella cosa più fragile che avesse mai visto.
La ragazza parlava di lei: «Quella è strana forte». Le altre ridevano, senza crudeltà, ma con tutta la fragilità di chi ha bisogno di ripararsi sotto un luogo comune e schierarsi conto qualcuno per sentirsi protetto dalla piccolezza della propria identità.
Erano lacrime diverse: provenivano da quel pezzo di anima che a tenerlo intatto e pulito e magari ad ascoltarlo, ci si salva.
E invece si fa a gara ad asciugarle subito le lacrime. Le lacrime, un lusso che solo i deboli possono concedersi.
«Amore è ciò per cui i liberi divengono prigionieri e i prigionieri liberi»
Ridevano, ridevano e ridevano nel modo semplice che ha la vita quando smette di prendersi troppo sul serio.
In quella stessa ora che dona un corpo alle cose invisibili, sogni, stelle, spiriti e amanti, Andrea si infilò sotto il lenzuolo di Margherita, si accoccolò contro la sorella. Il corpo tiepido di lei lo rassicurò e dopo qualche minuto di silenzio disse:
«Ho paura del buio.»
«Il buio non c'è, Andrea.»
«Invece sì.»
«Il buio è la luce spenta.»
«Nel buio ci sono i mostri. Alla luce non si vedono.»
«Tu li hai mai visti?»
«Sì.»
«E come erano?»
«Brutti.»
«Perchè, cosa facevano?»
«Paura.»
«Come?»
«Con il buio: come fanno i mostri. Ti fanno paura perchè si nascondono, ma ci sono.»
«Dove si nascondono?»
«Negli angoli, nei buchi, ed escono col buio. Di giorno ti seguono da dietro, non hanno il coraggio di venirti davanti perchè la luce li soffia dietro di te. Però copiano tutto quello che fai.»
«Perchè?»
«Sono invidiosi.»
«E fanno male?»
«Sì.»
«Come?»
«Con il buio.»
«Ah...»
«Ma anche loro hanno una paura.»
«Quale?»
«Sono sempre soli e ti attaccano quando sei solo anche tu.»
«E se siamo in due?»
«Non attaccano.»
«Perchè?»
«Perchè in due c'è luce.»
«Ma se è tutto buio!»
«No, c'è una luce che solo i mostri vedono.»
«Che luce?»
«La luce che si accende quando due persone sono vicine e si abbracciano, come nella lampadina.»
«Che c'entra?»
«Dentro la lampadina ci sono le braccia e in mezzo passa la luce.»
«E come mai noi non la vediamo?»
«Perchè è una luce nascosta. Si vede solo nei disegni. Quando due persone si vogliono bene, nessun mostro può fare niente.»
«Ci sono molti mostri qui a casa?»
«Adesso si, perchè prima la luce di papà e mamma li teneva tutti lontani.»
«E ora?»
«La luce si è fulminata. Ora stanno uscendo tutti dagli angoli e dai buchi. E hanno fame.»
«Cosa mangiano?»
«Il sonno.»
«Il sonno?»
«Sì loro ti tengono sveglio e tutto il sonno che tu vuoi dormire lo risucchiarono.»
«E cosa ci fanno?»
«Crescono, diventano sempre più grandi.»
«E poi?»
«Poi non entrano più nei buchi e negli angoli e allora vanno dapperttutto.»
«Mmm...»
«Dobbiamo farli morire di fame..»
«Come?»
Andrea abbracciò la sorella. Si aggrappò a Margherita come se fosse un salvagente e cominciò a galleggiare nel sonno pochi secondi dopo. Margherita non riusciva a dormire, ma almeno quella notte i mosti avrebbero lasciato in pace suo fratello e divorato solo il suo sonno. Chi ha un amore che veglia può dormire sonni tranquilli.
Ma l’amore a volte si fulmina: perché a poco a poco il filo si assottiglia a causa di quello stesso calore che lo accende.
Chiese dov’era il bagno e cercò di nascondere le lacrime sciacquandosi il viso, ma niente macchia gli occhi come le lacrime.
Erano lacrime diverse: provenivano da quel pezzo di anima che a tenerlo intatto e pulito e magari ad ascoltarlo, ci si salva.
E invece si fa a gara ad asciugarle subito le lacrime. Le lacrime, un lusso che solo i deboli possono concedersi.
«Amore è ciò per cui i liberi divengono prigionieri e i prigionieri liberi»
Ridevano, ridevano e ridevano nel modo semplice che ha la vita quando smette di prendersi troppo sul serio.
In quella stessa ora che dona un corpo alle cose invisibili, sogni, stelle, spiriti e amanti, Andrea si infilò sotto il lenzuolo di Margherita, si accoccolò contro la sorella. Il corpo tiepido di lei lo rassicurò e dopo qualche minuto di silenzio disse:
«Ho paura del buio.»
«Il buio non c'è, Andrea.»
«Invece sì.»
«Il buio è la luce spenta.»
«Nel buio ci sono i mostri. Alla luce non si vedono.»
«Tu li hai mai visti?»
«Sì.»
«E come erano?»
«Brutti.»
«Perchè, cosa facevano?»
«Paura.»
«Come?»
«Con il buio: come fanno i mostri. Ti fanno paura perchè si nascondono, ma ci sono.»
«Dove si nascondono?»
«Negli angoli, nei buchi, ed escono col buio. Di giorno ti seguono da dietro, non hanno il coraggio di venirti davanti perchè la luce li soffia dietro di te. Però copiano tutto quello che fai.»
«Perchè?»
«Sono invidiosi.»
«E fanno male?»
«Sì.»
«Come?»
«Con il buio.»
«Ah...»
«Ma anche loro hanno una paura.»
«Quale?»
«Sono sempre soli e ti attaccano quando sei solo anche tu.»
«E se siamo in due?»
«Non attaccano.»
«Perchè?»
«Perchè in due c'è luce.»
«Ma se è tutto buio!»
«No, c'è una luce che solo i mostri vedono.»
«Che luce?»
«La luce che si accende quando due persone sono vicine e si abbracciano, come nella lampadina.»
«Che c'entra?»
«Dentro la lampadina ci sono le braccia e in mezzo passa la luce.»
«E come mai noi non la vediamo?»
«Perchè è una luce nascosta. Si vede solo nei disegni. Quando due persone si vogliono bene, nessun mostro può fare niente.»
«Ci sono molti mostri qui a casa?»
«Adesso si, perchè prima la luce di papà e mamma li teneva tutti lontani.»
«E ora?»
«La luce si è fulminata. Ora stanno uscendo tutti dagli angoli e dai buchi. E hanno fame.»
«Cosa mangiano?»
«Il sonno.»
«Il sonno?»
«Sì loro ti tengono sveglio e tutto il sonno che tu vuoi dormire lo risucchiarono.»
«E cosa ci fanno?»
«Crescono, diventano sempre più grandi.»
«E poi?»
«Poi non entrano più nei buchi e negli angoli e allora vanno dapperttutto.»
«Mmm...»
«Dobbiamo farli morire di fame..»
«Come?»
Andrea abbracciò la sorella. Si aggrappò a Margherita come se fosse un salvagente e cominciò a galleggiare nel sonno pochi secondi dopo. Margherita non riusciva a dormire, ma almeno quella notte i mosti avrebbero lasciato in pace suo fratello e divorato solo il suo sonno. Chi ha un amore che veglia può dormire sonni tranquilli.
Ma l’amore a volte si fulmina: perché a poco a poco il filo si assottiglia a causa di quello stesso calore che lo accende.
Chiese dov’era il bagno e cercò di nascondere le lacrime sciacquandosi il viso, ma niente macchia gli occhi come le lacrime.
Eleonora abbracciò il figlio e cercò di asciugare le lacrime perché non fossero troppo evidenti, ma una cadde sul foglio e creò una specie di aureola umida sulla donna in attesa. Il colore del dolore non poteva che essere quello. Adesso il disegno era perfetto.
Abbracciò il figlio e si perdonò di cercare la forza nell’unico uomo che le era rimasto.
Rimase a fissare nello specchio le gocce che le scendevano lungo il corpo. Il suo corpo le apparve così com’era. Da quando il padre l’aveva abbandonata era come scorticata, riusciva a vedere la carne. Prima era troppo vicina a se stessa per vedersi. Ora il dolore aveva creato lo spazio per guardarsi, per cercarsi, per essere. Solo l’amore riesce a fare altrettanto.
«Di cosa sono fatte le stelle?»
«Di luce» rispose Andrea sicuro, senza neanche capire cosa stesse dicendo.
«E perchè» chiese la maestra, presa dall’entusiasmo.
Eleonora fissava il figlio, che la guardava in cerca di una risposta a una cosa che nessuno sa.
«Perché, Andrea?» domandò Eleonora con dolcezza.
«Perché la Terra è piena di buio».
Nella vita di tutti i giorni nessuno ti chiede di raccontare la storia che ti morde il cuore e te lo mastica, e se qualcuno te la chiede, nella vita di tutti i giorni nessuno riesce a raccontare quella storia, perché non trovi mai le parole adatte, le sfumature giuste, il coraggio di essere nudo, fragile, autentico.
Forse la vita è questo: amare, soffrire e quel che scegli di fare nel frattempo.
«Prof, l’amore non è un aperitivo o una cena fuori, ma una dannatissima quotidianità che diventa una sorpresa ogni giorno grazie al fatto di essere in due. Tu questo non lo sai. Tu non sai cos’è amare. Tu ti esalti con i tuoi libri, ami loro, non le persone. Ami le parole, non la vita, perché la vita ha ombre a fa male. Tu parli, parli, ma non ascolti. Tu prendi, prendi, ma non dai nulla.»
Il professore rimase immobile a guardare un libro, senza leggerne neanche il titolo. Quelle parole lo avevano inchiodato alla verità, quando la si ascolta tutta insieme e non si ha la forza di accoglierla.
Abbracciò il figlio e si perdonò di cercare la forza nell’unico uomo che le era rimasto.
Rimase a fissare nello specchio le gocce che le scendevano lungo il corpo. Il suo corpo le apparve così com’era. Da quando il padre l’aveva abbandonata era come scorticata, riusciva a vedere la carne. Prima era troppo vicina a se stessa per vedersi. Ora il dolore aveva creato lo spazio per guardarsi, per cercarsi, per essere. Solo l’amore riesce a fare altrettanto.
«Di cosa sono fatte le stelle?»
«Di luce» rispose Andrea sicuro, senza neanche capire cosa stesse dicendo.
«E perchè» chiese la maestra, presa dall’entusiasmo.
Eleonora fissava il figlio, che la guardava in cerca di una risposta a una cosa che nessuno sa.
«Perché, Andrea?» domandò Eleonora con dolcezza.
«Perché la Terra è piena di buio».
Nella vita di tutti i giorni nessuno ti chiede di raccontare la storia che ti morde il cuore e te lo mastica, e se qualcuno te la chiede, nella vita di tutti i giorni nessuno riesce a raccontare quella storia, perché non trovi mai le parole adatte, le sfumature giuste, il coraggio di essere nudo, fragile, autentico.
Forse la vita è questo: amare, soffrire e quel che scegli di fare nel frattempo.
«Prof, l’amore non è un aperitivo o una cena fuori, ma una dannatissima quotidianità che diventa una sorpresa ogni giorno grazie al fatto di essere in due. Tu questo non lo sai. Tu non sai cos’è amare. Tu ti esalti con i tuoi libri, ami loro, non le persone. Ami le parole, non la vita, perché la vita ha ombre a fa male. Tu parli, parli, ma non ascolti. Tu prendi, prendi, ma non dai nulla.»
Il professore rimase immobile a guardare un libro, senza leggerne neanche il titolo. Quelle parole lo avevano inchiodato alla verità, quando la si ascolta tutta insieme e non si ha la forza di accoglierla.
«La libertà? Tienitela la tua libertà, e quando ti sentirai solo con la tua libertà non venire a cercarmi, però. Come un adolescente tu sia sognare, ma come un adolescente credi che la libertà sia fare quello che vuoi e che i tuoi sognasi realizzino esattamente come li sogni. Ma la realtà dove l’hai messa? Sognare dentro la realtà: questo rende i sogni più grandi, veri, palpabili! Diventare adulti e trovare è trovare la pazienza di dare corso ai propri sogni, senza rinunciarci!»
Mi sento come l'aereo, che è precipitato. Distrutta.
Mi sento come il deserto, che è monotono. Noiosa.
Mi sento come il pilota, che è lì da solo. Disperata.
Mi sento come l'elefante, che è stato mangiato dal serpente. Inghiottita.
Mi sento come il bambino, che non viene preso sul serio. Incompresa.
Mi sento come la pecora, che è stata disegnata nella scatola. Imprigionata.
Mi sento come il pianeta, che è lontano. Piccola.
Mi sento come il tramonto del sole, che è diventato abitudine. Senza valore.
Mi sento come il baobab, che è un pericolo. Indesiderata.
Mi sento come il vulcano, che sta per esplodere. Impaziente.
Mi sento come il re, che si aspetta troppo. Delusa.
Mi sento come il vanitoso, che vorrebbe essere ammirato. Insoddisfatta.
Mi sento come l'ubriacone, che beve per dimenticare. Dipendente.
Mi sento come l'uomo che accende i lampioni, oppresso dalla consegna. Schiacciata.
Mi sento come il geografo, che vuol capire tutto ciò che esiste. Ignara.
Ma sono anche il fiore, che ama il Piccolo Principe. Sono anche il Piccolo Principe, che vuole addomesticare la volpe. Sono la volpe, che riesce a fidarsi di qualcuno, costi quel che costi.
E di me si deve prendere tutto, quello che sono e quello che non sono.
Ma ho una paura dannata del morso del serpente.
Quattordicianni - lo scrisse tutto unito come fosse il nome di un personaggio - non è un'età. Non è niente. Non c'è la sicurezza che accende gli occhi di Giulio. Non ci sono le rughe sul viso della nonna. Non ci sono le riunioni di lavoro di papà. Non ci sono gli abiti da donna della mamma. Non c'è la magica fiducia di Andrea. Non c'è armonia, non c'è grazia. Quattordicianni è volere tutto e niente nello stesso momento. Avere segreti inconfessabili e domande senza risposta. Odiare sé per odiare tutti. Avere tutte le paure e nasconderle tutte, pur volendole dire tutte insieme, con mille bocche. Avere centomila maschere senza cambiare mai la faccia che ti ritrovi. Avere un milione di sensi di colpa e dover scegliere a chi addossarli per non doverli portare tutti da sola. Vuoi amare e non sai come si fa. Vuoi essere amata e non sai come si fa. Vuoi stare da sola e non sai come si fa. Vuoi un corpo di donna e non ce l'hai, e se il corpo diventa di donna non lo vuoi più. Quattordicianni è fragilità e non sapere come si fa. Ci sono cose che nessuno spiega. Ci sono cose che nessuno sa.
«Ho un regalo per te» disse Margherita.
Marta si illuminò. Margherita aprì la mano e c’era un piccolo pezzo di puzzle rosso mogano, come lo scafo della barca. Marta la guardò incerta e Margherita le spiegò il grande rompicapo della vita.
«Adesso la mia vita dipende anche da te.»
Marta prese il pezzo di anima che le veniva affidato e abbracciò Margherita in modo perfetto, proprio come fanno due pezzi di puzzle.
Ci sono dolori in cui nessuno può entrare. Ci sono cose che bisogna fare da soli.
«Le persone sono fatte di luci e ombre. Finché non conosci le ombre non sai niente di una persona. Cerca di vedere le ombre prima delle luci, altrimenti resti delusa.»
Tu non vuoi che gli altri vedano le tue fragilità. Hai paura che ne ridano. Ma quello che ti sfugge è che io ti guardo da vicino. Io ti ho scelto. Io ti amo. Io voglio vivere con te.
«Senza di te avrei capito così poco di me… Grazie.»
«…Quando tutti hanno ragione non si parla: si discute, si litiga, ma non si parla.»
Perché ogni cosa bella troppo spesso è quel che resta di un naufragio.
L’unica forza per stare in equilibrio sul filo della vita è il peso dell’amore.
L’altro diventa lo specchio di tutto ciò che non ci piace di noi stessi: così lei è diventata tutte le mie ombre, le mie bugie, i miei sottorifugi e soprattutto la mia pretesa di essere amato come volevo io invece di crescere nell’amarla.
Mi sento come l'aereo, che è precipitato. Distrutta.
Mi sento come il deserto, che è monotono. Noiosa.
Mi sento come il pilota, che è lì da solo. Disperata.
Mi sento come l'elefante, che è stato mangiato dal serpente. Inghiottita.
Mi sento come il bambino, che non viene preso sul serio. Incompresa.
Mi sento come la pecora, che è stata disegnata nella scatola. Imprigionata.
Mi sento come il pianeta, che è lontano. Piccola.
Mi sento come il tramonto del sole, che è diventato abitudine. Senza valore.
Mi sento come il baobab, che è un pericolo. Indesiderata.
Mi sento come il vulcano, che sta per esplodere. Impaziente.
Mi sento come il re, che si aspetta troppo. Delusa.
Mi sento come il vanitoso, che vorrebbe essere ammirato. Insoddisfatta.
Mi sento come l'ubriacone, che beve per dimenticare. Dipendente.
Mi sento come l'uomo che accende i lampioni, oppresso dalla consegna. Schiacciata.
Mi sento come il geografo, che vuol capire tutto ciò che esiste. Ignara.
Ma sono anche il fiore, che ama il Piccolo Principe. Sono anche il Piccolo Principe, che vuole addomesticare la volpe. Sono la volpe, che riesce a fidarsi di qualcuno, costi quel che costi.
E di me si deve prendere tutto, quello che sono e quello che non sono.
Ma ho una paura dannata del morso del serpente.
Quattordicianni - lo scrisse tutto unito come fosse il nome di un personaggio - non è un'età. Non è niente. Non c'è la sicurezza che accende gli occhi di Giulio. Non ci sono le rughe sul viso della nonna. Non ci sono le riunioni di lavoro di papà. Non ci sono gli abiti da donna della mamma. Non c'è la magica fiducia di Andrea. Non c'è armonia, non c'è grazia. Quattordicianni è volere tutto e niente nello stesso momento. Avere segreti inconfessabili e domande senza risposta. Odiare sé per odiare tutti. Avere tutte le paure e nasconderle tutte, pur volendole dire tutte insieme, con mille bocche. Avere centomila maschere senza cambiare mai la faccia che ti ritrovi. Avere un milione di sensi di colpa e dover scegliere a chi addossarli per non doverli portare tutti da sola. Vuoi amare e non sai come si fa. Vuoi essere amata e non sai come si fa. Vuoi stare da sola e non sai come si fa. Vuoi un corpo di donna e non ce l'hai, e se il corpo diventa di donna non lo vuoi più. Quattordicianni è fragilità e non sapere come si fa. Ci sono cose che nessuno spiega. Ci sono cose che nessuno sa.
«Ho un regalo per te» disse Margherita.
Marta si illuminò. Margherita aprì la mano e c’era un piccolo pezzo di puzzle rosso mogano, come lo scafo della barca. Marta la guardò incerta e Margherita le spiegò il grande rompicapo della vita.
«Adesso la mia vita dipende anche da te.»
Marta prese il pezzo di anima che le veniva affidato e abbracciò Margherita in modo perfetto, proprio come fanno due pezzi di puzzle.
Ci sono dolori in cui nessuno può entrare. Ci sono cose che bisogna fare da soli.
«Le persone sono fatte di luci e ombre. Finché non conosci le ombre non sai niente di una persona. Cerca di vedere le ombre prima delle luci, altrimenti resti delusa.»
Tu non vuoi che gli altri vedano le tue fragilità. Hai paura che ne ridano. Ma quello che ti sfugge è che io ti guardo da vicino. Io ti ho scelto. Io ti amo. Io voglio vivere con te.
«Senza di te avrei capito così poco di me… Grazie.»
«…Quando tutti hanno ragione non si parla: si discute, si litiga, ma non si parla.»
Perché ogni cosa bella troppo spesso è quel che resta di un naufragio.
L’unica forza per stare in equilibrio sul filo della vita è il peso dell’amore.
L’altro diventa lo specchio di tutto ciò che non ci piace di noi stessi: così lei è diventata tutte le mie ombre, le mie bugie, i miei sottorifugi e soprattutto la mia pretesa di essere amato come volevo io invece di crescere nell’amarla.
«Qualunque sia la cosa che ti è cara, il tuo cuore prima o poi dovrà soffrire per quella cosa, magari anche spezzarsi. Vuoi startene al sicuro? Vuoi una vita tranquilla come tutti gli altri? Vuoi che il tuo cuore rimanga intatto? Non darlo a nessuno! Nemmeno a un cane, o un gatto,o a un pesce rosso. Proteggilo, avvolgilo di passatempi e piccoli piaceri… Evita ogni tipo di coinvolgimento, chiudilo con mille lucchetti, riempilo di conservanti e mettilo in freezer: stai sicuro che non si spezzerà… Diventerà infrangibile e impenetrabile. Sai come si chiama questo, Giulio?» chiese Filippo, che si era infervorato nel parlare. Gli era spuntata una vena sulla fronte.Giulio scosse la testa. Voleva sentire il seguito.
«Inferno. Ed è già qui: un posto dove il cuore è totalmente ghiacciato. Sicuro, ma freddo. Là fuori è pieno di queste persone. Glielo leggi in faccia che hanno il cuore freddo: per paura, per mancanza di fame, per pigrizia. Tu non sei così, Giulio. Questo ti salva, anche se fai delle gran cavolate… Perché c’è modo e modo di tirare i rigori!»
«Inferno. Ed è già qui: un posto dove il cuore è totalmente ghiacciato. Sicuro, ma freddo. Là fuori è pieno di queste persone. Glielo leggi in faccia che hanno il cuore freddo: per paura, per mancanza di fame, per pigrizia. Tu non sei così, Giulio. Questo ti salva, anche se fai delle gran cavolate… Perché c’è modo e modo di tirare i rigori!»
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